La ricezione delle dichiarazioni anagrafiche: valutazioni operative e situazioni di irricevibilità

Dopo la riforma disposta dal decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, a tutti i procedimenti anagrafici a istanza di parte si applica la cosiddetta “anagrafe in tempo reale”, ovvero, come dispone l’art. 18 del d.P.R. 223/1989, la registrazione immediata, o entro due giorni lavorativi.

Dal 9 maggio 2012, tutte le dichiarazioni devono essere rese, indipendentemente dalla tipologia di trasmissione, attraverso moduli conformi a quelli pubblicati sul sito Internet del Ministero dell’interno e diffusi con la circolare ministeriale n. 9 del 27 aprile 2012, aggiornati poi nel 2014 in seguito all’entrata in vigore della normativa “antiabusivismo” (art. 5 del decreto-legge n. 47/2014).

Le dichiarazioni anagrafiche vengono così standardizzate e rese pertanto trasmissibili anche a distanza da parte del cittadino, senza più necessità di intervento diretto dell’ufficiale d’anagrafe, il quale in una prima fase si deve limitare a due operazioni ben definite:

  1. la verifica della ricevibilità;
  2. la registrazione anagrafica.

All’atto della dichiarazione (qualora ricevibile) corrisponde automaticamente la registrazione (atto dovuto e non sottoposto ad alcun potere discrezionale da parte del funzionario preposto). I controlli devono essere fatti nei 45 giorni successivi all’avvenuta iscrizione in anagrafe, per verificare:

  1. la dimora abituale (per tutti);
  2. l’effettiva legalità dell’occupazione;
  3. l’effettiva sussistenza dei requisiti relativi alla regolarità del soggiorno (per i cittadini dell’Unione europea).

Il modello ministeriale

La dichiarazione di residenza presenta tre tipologie di dati che il cittadino è chiamato a inserire: dati obbligatori, dati di rilevanza statistica e dati di interesse per il Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (indicati rispettivamente con uno, due o tre asterischi).

I dati obbligatori

Oltre a nome e cognome, sono data e luogo di nascita, sesso, cittadinanza e codice fiscale. La mancata compilazione dei campi relativi a dati obbligatori comporta la non ricevibilità della domanda.

Dopo i dati non obbligatori, relativi a professione e titolo di studio, e quelli relativi a patenti e targhe di mezzi intestati al cittadino, troviamo una delle parti probabilmente più importanti della dichiarazione: il richiamo alle responsabilità penali derivanti da eventuali dichiarazioni mendaci ai sensi degli articoli 75 e 76 del Dpr 445/2000, con la conseguenza della decadenza dai benefici e dell’obbligo – nel nostro caso in capo al responsabile del procedimento – di segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza competente.

Dopo questo passaggio, il cittadino è chiamato a indicare un altro dato obbligatorio: l’indirizzo. Non è stata prevista l’obbligatorietà di indicare un numero civico interno ma, è evidente che l’ufficiale d’anagrafe necessiterà anche di quel dato per poter procedere agli accertamenti. Pertanto, al fine della ricevibilità della richiesta di residenza, dovrà essere indicato, se esistente, il numero civico interno.

Qualora vi fossero dubbi sulla correttezza della numerazione civica, o la numerazione civica, sia esterna e/o interna, non fosse stata ancora assegnata, è indispensabile, prima di richiedere l’iscrizione anagrafica, rivolgersi all’Ufficio Lavori Pubblici.

I familiari

Il modulo prevede poi l’indicazione, di seguito, degli stessi dati per tutti i familiari che si trasferiscono con il dichiarante: il termine “familiari”, in questo caso, andrà chiaramente inteso in senso anagrafico, dunque come insieme di persone tra cui intercorrono quei legami definiti dall’articolo 4 del Dpr n. 223/1989.

Il titolo abitativo

Vi è poi la parte relativa alla dichiarazione “antiabusivismo”, ovvero allo spazio in cui il dichiarante indica di occupare legalmente l’immobile (in primis) e, in secondo luogo, barrando una delle caselle, individua la fattispecie di occupazione che lo riguarda. Anche la mancata compilazione di tale parte, o la mancata presentazione in allegato all’istanza di una documentazione comprovante il titolo abitativo, comporta l’irrecivibilità dell’istanza stessa.

La composizione dello stato di famiglia

In questa parte il dichiarante è chiamato a indicare se nell’abitazione risultino già iscritte altre persone, specificando le generalità di un componente maggiorenne della famiglia (sarà poi l’ufficio a verificare la presenza di altri soggetti).

Dovrà poi scegliere tra due opzioni, relative alla sussistenza o meno di quei legami che porteranno il dichiarante e i suoi familiari a unirsi alla famiglia anagrafica già residente oppure a costituire altra distinta famiglia nella medesima abitazione: qualora tra le persone eventualmente già residenti nell’abitazione e coloro che chiedono di avervi la residenza non sussistano rapporti di coniugio, parentela, affinità, adozione, tutela o vincoli affettivi con i componenti della famiglia, la creazione di diversi stati di famiglia.

Qualora invece tali rapporti fossero esistenti, non sarà possibile in futuro creare più stati di famiglia, se non al cessare della coabitazione (circolare Istat – metodi e norme – serie B n.29/1992 pag.44).

Recapiti e sottoscrizione dell’istanza

Il modulo si chiude con uno spazio in cui indicare i documenti allegati e un altro, particolarmente importante, relativo ai recapiti a cui il dichiarante dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni. Infine, la data e la firma del dichiarante, a cui debbono seguire le firme di tutti gli altri soggetti maggiorenni coinvolti dal movimento anagrafico.

La sottoscrizione dell’istanza cartacea

La sottoscrizione dell’istanza è l’elemento che consente di attribuire la responsabilità giuridica al dichiarante, disciplinata in ambito anagrafico dall’art. 6 del Dpr n. 223/1989 per cui “ciascun componente della famiglia è responsabile per sé e per le persone sulle quali esercita la potestà o la tutela delle dichiarazioni anagrafiche”.

Ora che l’iscrizione anagrafica si sostanzia nella presentazione di una “dichiarazione” e non più di una “richiesta” è, infatti, fondamentale che la manifestazione di volontà, che è nel contempo manifestazione di scienza considerando che si tratta della comunicazione di una situazione di fatto tale da costituire un diritto soggettivo (quello all’iscrizione anagrafica) abbia, giuridicamente, uno o più responsabili individuabili mediante la sottoscrizione, anche per le possibili conseguenze in caso tale dichiarazione si riveli non conforme a verità.

Soffermandoci sui soggetti che sottoscrivono il modello: essi sono il dichiarante e tutti gli altri componenti maggiorenni. Per i minori la dichiarazione sarà presentata da chi esercita la potestà genitoriale o la tutela.

Sia il richiedente che ogni altro firmatario deve allegare, obbligatoriamente, copia del documento di identità ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 445/2000 in caso di presentazione “a distanza”, mentre esso sarà naturalmente richiesto dall’ufficiale d’anagrafe per l’identificazione nel caso di tradizionale istanza presentata direttamente allo sportello.

Certamente, quindi, una possibile cause di irricevibilità è legata alla mancanza di una o più firme delle persone maggiorenni.

In merito alla firma, vi possono, infatti, essere dei casi particolari in cui un dichiarante non possa firmare, che sono tutti disciplinati dal Dpr 445/2000: il caso di impedimento alla sottoscrizione è previsto dall’articolo 4, che prevede due fattispecie distinte:

  • il caso di “chi non sa o non può firmare”, a cui si sostituirà lo stesso ufficiale d’anagrafe che, previo accertamento dell’identità del dichiarante, ne riceverà verbalmente la dichiarazione e ne darà conto per iscritto attestando anche la presenza di impedimento a sottoscrivere;
  • il caso di chi si trova “in una situazione di impedimento temporaneo per ragioni connesse allo stato di salute”, a cui può sostituirsi un parente nei modi e nelle forme previste dal citato articolo.

Può esservi, poi, il caso di incapacità giuridica del minore o del soggetto sottoposto a tutela, nel cui interesse agisce, come sempre, l’esercente la potestà genitoriale o il tutore.

Nel caso di soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno occorrerà – sempre che l’ufficiale d’anagrafe ne sia al corrente – verificare i poteri dell’amministratore di sostegno disposti nel decreto del giudice.

Infine, in caso di incapacità naturale palese per cui non vi sia stato ancora un intervento del giudice, l’ufficiale d’anagrafe può sempre intervenire mediante un procedimento d’ufficio.

L’istanza presentata per via telematica

Quando si parla di trasmissione telematica, occorre fare una premessa per sgombrare il campo da equivoci. Una cosa è il documento informatico, che ha una definizione ben chiara negli articoli 20 e 21 del Codice dell’amministrazione digitale (D.lgs n. 82/2005), altra cosa è la sua trasmissione. Perché essa sia giuridicamente validata, con un sistema di ricevute che ricalca quello della raccomandata con ricevuta di ritorno, il legislatore italiano ha scelto la posta elettronica certificata. Ma occorre sempre distinguere tra la busta (il messaggio PEC) e il suo contenuto (il documento che, se soddisfa determinati requisiti, può rientrare nella definizione di documento informatico).

Le dichiarazioni rivolte dai cittadini alla pubblica amministrazione sono da ritenersi valide unicamente se è possibile identificare il mittente, così da attribuire all’istanza un legame giuridico di responsabilità con una o più determinate persone fisiche:

  1. Documento informatico sottoscritto con firma digitale o altra firma elettronica avanzata: in questo caso, una volta verificata la validità della firma, l’istanza è da ritenersi regolarmente sottoscritta e, quindi, ricevibile.
  2. Documento trasmesso tramite PEC senza firma digitale: la trasmissione tramite posta elettronica certificata non fornisce al ricevente alcuna attestazione giuridicamente valida dell’identità del mittente-sottoscrittore, e pertanto la dichiarazione di residenza trasmessa tramite PEC (stiamo qui parlando genericamente del modulo inviato tramite PEC senza alcun tipo di firma né documento di identità allegato) andrà dichiarata non ricevibile. Questo perché la trasmissione tramite PEC non integra il requisito stabilito dal comma cbis dell’articolo 65 del Codice dell’amministrazione digitale, che qui riportiamo nella parte di nostro interesse: le istanze sono valide “se trasmesse dall’autore mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità definite con regole tecniche adottate ai sensi dell’articolo 71, e ciò sia attestato dal gestore del sistema nel messaggio o in un suo allegato” (una tipologia di PEC non ancora presente sul mercato).
  3. Documento con firma autografa scannerizzata e copia del documento di identità allegato: E’ la fattispecie che esclude l’impiego di firma digitale e lo è indipendentemente dalla trasmissione tramite PEC o email semplice. Essa infatti è ricevibile poiché conforme al secondo capoverso del comma 3 dell’articolo 38 del Dpr 445/2000, laddove si dispone che “le istanze e la copia fotostatica del documento di identità possono essere inviate per via telematica”. Dunque, esattamente come avviene nella trasmissione via fax, l’istanza compilata, sottoscritta con firma autografa dal dichiarante e da altri soggetti eventualmente coinvolti, unitamente a copia del documento di identità può essere scannerizzata e trasmessa per via telematica.
  4. Istanza pervenuta tramite sistema informatico previa identificazione dell’utente: quest’opzione rientra nei cosiddetti servizi online che le pubbliche amministrazioni mettono a disposizione dei cittadini anche per la formulazione di istanze e dichiarazioni, oltre che, ad esempio, per richiedere certificati. Dal punto di vista giuridico il riferimento è sempre l’articolo 65 del Codice dell’amministrazione digitale, rispettivamente alle lettere b) e c) del comma 1, che garantiscono la ricevibilità delle istanze e delle dichiarazioni quando esse provengono dal principale e oggi unico sistema di gestione delle identità dei cittadini italiani, ovvero lo SPID.

Sono altresì da considerarsi validi anche le istanze provenienti da sistemi online a cui l’ente, sempre in conformità alle norme del CAD, consenta l’accesso mediante carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi.

In tutti questi casi, naturalmente, non vi sarà alcun modulo “tradizionale”, bensì un formulario elettronico che presenterà tutti i dati richiesti (almeno quelli obbligatori), senza necessità di alcuna firma poiché compilato tramite un sistema automatizzato al quale l’utente si è collegato previa identificazione. Si tratterà di predisporre un form compilabile e guidato che consenta all’utente di redigere correttamente la dichiarazione riempiendo appositi campi e di trasmetterla, immediatamente, all’ufficio anagrafe.

La registrazione della dichiarazione

Entro due giorni lavorativi dal ricevimento della dichiarazione di residenza, l’ufficiale d’anagrafe deve provvedere alla registrazione dell’iscrizione anagrafica o del cambiamento di abitazione, con decorrenza giuridica dalla data di presentazione della dichiarazione, come previsto dall’articolo 18 del regolamento anagrafico.

Ne deriva un’immediata considerazione: la necessità di individuare inequivocabilmente la data di presentazione impone, al pari di una qualunque altra istanza diretta alla pubblica amministrazione, che la dichiarazione di residenza sia formalmente protocollata con esatta indicazione della data di effettiva ricezione, poiché è da quella data che decorre il termine (ordinatorio) per procedere all’iscrizione. Attenzione, tuttavia, che il medesimo ristrettissimo termine va applicato anche in tutti i casi in cui la dichiarazione sia da considerarsi non ricevibile.

La registrazione darà immediatamente efficacia all’iscrizione anagrafica o al cambiamento di abitazione richiesti, comportando a tutti gli effetti l’aggiornamento dell’anagrafe e di tutte le banche dati a essa collegate: proprio questo è infatti il senso della riforma del 2012, ovvero consentire al cittadino (a qualsiasi cittadino) di godere pienamente delle conseguenze (diritti ma anche doveri, volendo) della registrazione anagrafica.

La ricevibilità dell’istanza e il “soccorso istruttorio”

Circa la qualificazione dell’obbligatorietà dei dati contenuti nel modello ministeriale, non vi è alcun dubbio relativamente alla loro necessità, perché di fatto essi rappresentano il nucleo minimo di generalità che consentono di poter provvedere da subito, non appena effettuata la registrazione della dichiarazione, al rilascio della certificazione inerente la residenza e lo stato di famiglia. La perentorietà di queste informazioni è altresì considerata dalla circolare ministeriale n. 9/2012 nella parte in cui prevede che “al fine della registrazione della dichiarazione resa da parte dell’interessato, occorre che il modulo sia compilato nelle parti obbligatorie, relative alle generalità“.

E’ necessario correlare il concetto di “irricevibilità” con il terzo comma dell’articolo 71 del Dpr 445/2000: “Qualora le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 presentino delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d’ufficio, non costituenti falsità, il funzionario competente a ricevere la documentazione dà notizia all’interessato di tale irregolarità.

Questi è tenuto alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione; in mancanza il procedimento non ha seguito”.

Ragionevolezza vuole che tale principio possa essere applicato, ad esempio, quando un dato mancante sia una semplice dimenticanza del dichiarante, che quindi dovrebbe esserne immediatamente informato in base al principio del cosiddetto “soccorso istruttorio”.

L’ufficiale d’anagrafe potrebbe, in casi specifici, comunicare quindi all’interessato l’irregolarità o l’omissione che sia stata rilevata affinché, entro un termine congruo assegnato, che potrebbe corrispondere a dieci giorni (o anche quindici o venti, liberamente determinabili dall’ufficiale d’anagrafe medesimo in base alla complessità dell’intervento riparatore richiesto), provveda alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione.

La richiesta di integrazione – e la circostanza sarà bene che venga espressamente specificata nella comunicazione – ha l’effetto sospensivo dei termini del procedimento, innanzitutto rinviando al momento del completamento dell’istanza nei suoi elementi indispensabili la scadenza da cui computare i due giorni lavorativi entro cui effettuare la registrazione della dichiarazione. Solo nell’ipotesi di inerzia e inadempienza del cittadino il procedimento non potrà aver seguito e ciò sarà oggetto di formale atto di respingimento per irricevibilità.

Nel caso in cui la richiesta di integrazione trovi, invece, benevolo riscontro presso l’interessato, la decorrenza giuridica dell’iscrizione o del cambiamento di abitazione sarà ad ogni modo da far risalire alla data di presentazione della dichiarazione di residenza, anche se la registrazione avverrà ben oltre il compimento dei due giorni successivi alla data di presentazione della dichiarazione.

Il caso del documento d’identità scaduto

Una diversa considerazione la dobbiamo riservare alla mancata presentazione di un valido documento di identità a corredo dell’istanza, o di un documento di cui sia scaduta la validità. La presenza del documento soddisfa due esigenze: come prima cosa se si tratta di un documento di identità (carta di identità o passaporto) esso consente l’acquisizione certa dei dati in esso contenuti e la conseguente immediata loro certificabilità.

In secondo luogo, pure nel caso in cui si tratti di semplice documento di riconoscimento e non anche di identità, ha la funzione di consentire l’identificazione del dichiarante e di autenticarne la sottoscrizione nella circostanza in cui la dichiarazione sia stata trasmessa “a distanza”.

Per la prima funzione, quella squisitamente attestativa dei dati, l’assenza del documento di identità non deve essere ritenuta pregiudizievole della presentazione dell’istanza, in quanto i medesimi dati potranno essere validamente recuperati con lo scambio del modello APR.4 con il Comune di precedente iscrizione (o, in futuro, mediante il richiamo della persona in ANPR).

Questa considerazione apre all’ammissibilità dell’istanza in tutti i casi in cui a essere sprovvisto di documento di identità sia una persona minorenne, per il quale la responsabilità della dichiarazione ricade, come detto, su uno o entrambi i genitori (o il tutore).

Soffermiamoci, ora, sull’analisi di quella che abbiamo definito la seconda funzione, cioè quella di identificazione del dichiarante e di autenticazione dell’eventuale sottoscrizione.

Il Consiglio di Stato (Sez. V, sentenza n. 7339/2004) ha stabilito che, nell’ambito delle modalità di presentazione di istanze e dichiarazioni previste dall’art. 38 del Dpr 445/2000, in caso di documento scaduto il procedimento può comunque essere avviato e la corrispondenza dei dati desunti dal documento sarà quindi accertata nel corso del procedimento stesso.

Tale orientamento vale a maggior ragione se si fa riferimento alla tutela di un diritto soggettivo personalissimo quale l’iscrizione anagrafica, e non a un interesse legittimo.

L’obiettivo della corretta registrazione anagrafica consente di regolarizzare la dichiarazione in itinere, ovvero mediante l’acquisizione dei dati dal Comune di precedente iscrizione.

Il rilascio della certificazione e della carta d’identità

L’avvenuta registrazione della dichiarazione di residenza relativa a un’iscrizione anagrafica o a un cambiamento di abitazione apre da subito, prima ancora che vengano effettuati gli accertamenti e prima anche di trasmettere il modello APR.4 al Comune di precedente iscrizione, la possibilità di ottenere la certificazione. Tale possibilità, già oggetto di indicazioni da parte del Ministero dell’Interno con la circolare n.9/2012, è così definita nel regolamento anagrafico: “Fino all’acquisizione dei dati, l’ufficiale d’anagrafe del comune di nuova iscrizione rilascia certificati relativi alla residenza, allo stato di famiglia sulla base dei dati documentati, e a ogni altro dato detenuto dall’Ufficio” (art. 18, comma 3, secondo capoverso).

Quindi, in sostanza, i certificati di base ma, avendo agli atti i dati (o gli atti dello stato civile), anche altri dati sono certificabili.

Successivamente alla restituzione del modello APR.4 da parte del Comune di precedente iscrizione anagrafica con le rettifiche e integrazioni dei dati in esso contenuti, senza attendere l’esecuzione degli accertamenti e la correlata definizione del procedimento anagrafico, il Comune di nuova residenza potrà provvedere al rilascio della certificazione in forma completa, senza più alcuna restrizione di sorta.

Potrà essere rilasciata, da questo momento, anche la carta di identità secondo i tempi e le modalità previste dall’articolo 3 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza contenuto nel regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

Ciò non vale, invece, per gli stranieri provenienti dall’estero, per i quali la carta d’identità può essere immediatamente rilasciata, non essendo necessario acquisire alcun altro dato.

L’accertamento dei requisiti per i cittadini stranieri non comunitari

Il principio operativo del nuovo procedimento che pone la verifica dei requisiti successivamente alla registrazione anagrafica prevede una specifica eccezione: quella relativa ai cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea, disciplinati nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Per essi, infatti, nulla è cambiato: l’ufficiale d’anagrafe deve verificarne la regolarità del soggiorno prima di procedere alla registrazione della dichiarazione. Essa diventa, in sostanza, un fondamentale requisito pregiudizievole per la ricevibilità dell’istanza.

A stabilirlo è il comma 3 dell’articolo 5 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, laddove si premette che “fermo restando quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”, l’ufficiale d’anagrafe effettua le iscrizioni anagrafiche nei due giorni successivi alla presentazione delle dichiarazioni. Tale previsione normativa non consente dubbi di sorta: la regolarità del soggiorno, che preliminarmente consiste nella titolarità e nell’esibizione di un permesso di soggiorno, va verificata prima di procedere alla registrazione, altrimenti la dichiarazione non è ricevibile. A conferma di ciò va citata anche la circolare n. 9 del 27 aprile 2012, in cui il Ministero dell’interno afferma che “la verifica della regolarità del soggiorno dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, di cui al decreto legislativo n. 286/1998, precede l’iscrizione anagrafica”.

La documentazione che il cittadino straniero è tenuto a presentare unitamente alla dichiarazione di residenza è stata elencata nell’allegato A pubblicato dal ministero dell’Interno. Se quindi manca il permesso di soggiorno o altro titolo che consente di documentare la regolarità del soggiorno (art. 6, c. 7, del T. U. n. 286/1998), la dichiarazione è da considerarsi irricevibile.

L’accertamento dei requisiti per i cittadini dell’Unione europea

Il nuovo procedimento di iscrizione anagrafica e cambiamento di abitazione prevede quale specifica eccezione alla residenza in tempo reale unicamente quella dei cittadini stranieri in relazione alla loro regolarità del soggiorno. Tale previsione normativa, oggetto del precedente paragrafo e contenuta espressamente nell’articolo 5, comma 3, del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, fa implicitamente escludere il cittadino dell’Unione europea da una simile verifica della regolarità antecedente alla registrazione.

In sostanza i requisiti di “legalità del soggiorno”, che il cittadino europeo deve dimostrare in caso di prima iscrizione anagrafica (per immigrazione o ricomparsa) possono essere documentati anche in fase istruttoria, non costituendo ostacolo alla registrazione “in tempo reale”.

Spetterà chiederne conto all’ufficiale d’anagrafe, anche mediante la comunicazione di avvio del procedimento, ma l’assenza di qualsivoglia documentazione in sede di dichiarazione di residenza non inficia la ricevibilità della stessa e, quindi, il pieno diritto alla registrazione anagrafica.

Il concetto di irricevibilità

La legge n. 241/1990 definisce all’art. 2, comma 1, il concetto di irricevibilità, includendolo in una serie di qualità che rendono possibile, per la pubblica amministrazione, procedere con un rifiuto immediato.

Ove il procedimento consegua obbligatoriamente a un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.

Esaminiamo, in conclusione, qualche altro caso pratico per capire se possa o meno rientrare in questa definizione.

Modulistica non conforme: NO

Occorre distinguere tra forma e sostanza. La modulistica ministeriale non prevede molti casi (senza fissa dimora, convivenze, dichiarazione nell’interesse dei minori) per i quali è addirittura d’obbligo provvedere a una modulistica differente. La stessa legge n. 241/1990 prevede che “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (art. 21-octies, c. 2) .

Dati mancanti: NO

Se manca un dato obbligatorio ma è possibile acquisirlo tramite un documento allegato all’istanza, essa andrà accettata in applicazione dell’art. 45 del Dpr n. 445/2000 (Documentazione mediante esibizione).

Assenza di un elemento essenziale: SI’

Tra gli elementi essenziali la cui assenza potrà far scattare la dichiarazione di irricevibilità possiamo indicare:

  • la firma;
  • la presenza di un documento di riconoscimento allegato (in caso di trasmissione a distanza e quindi impossibilità di altra modalità di identificazione): l’allegazionedi un valido documento d’identità, difatti, non rappresenta un mero formalismo, ma piuttosto un onere fondamentale del sottoscrittore, configurandosi come l’elemento diretto a comprovare non tanto le generalità del dichiarante, ma ancor prima l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica. Da ciò ne consegue che l’omessa allegazione del documento in questione, non integra una mera irregolarità suscettibile di correzione per errore materiale (Vedi: Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento, con sentenza n. 52 del 16 febbraio 2017),
  • la documentazione relativa alla regolarità di soggiorno dei cittadini stranieri;
  • l’assoluta non compilazione della parte relativa al titolo di occupazione dell’immobile (si ritiene sufficiente che il dichiarante indichi di occupare legalmente fornendo gli elementi minimi necessari per l’ufficiale d’anagrafe di comunicare, attraverso la comunicazione di avvio del procedimento, la dichiarazione a eventuali contro-interessati);
  • l’indicazione dell’indirizzo.

Indirizzo errato

Siamo di fronte a diverse possibilità:

  1. la via non esiste;
  2. la via esiste ma il numero civico non risulta nello stradario comunale e/o in anagrafe;
  3. la via e il numero civico esistono, ma non è stato specificato l’interno.

L’irricevibilità assoluta scatta soltanto al punto a). Negli altri casi la dichiarazione può essere comunque considerata ricevibile in quanto l’interessato ha fornito tutti i dati richiesti: il numero civico o l’interno saranno accertati durante l’istruttoria.

Altri casi di irricevibilità

I concetti di irricevibilità (e analoghi) possono però essere applicati a qualsiasi istanza o dichiarazione destinata al pubblico funzionario che sia immediatamente e palesemente non produttiva di effetti perché assurda o irrilevante. Ad esempio:

  • le richieste di registrazioni di dichiarazioni/istanze assurde (vedi “autocertificazioni di rappresentante legale di sé stessi” e registrazioni di “trust”) o comunque del tutto in conferenti rispetto alle funzioni dei servizi demografici;
  • le opposizioni al rilascio della certificazione per motivi di privacy o altro;
  • le comunicazioni relative alla “convivenza di fatto” di cui alla legge n. 76/2016 di persone non iscritte in anagrafe;

l’istanza di iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di persona già residente nel Comune.