Il quartiere Villaggio INA nasce negli anni 1952-1956 e crea una profonda trasformazione del tessuto sociale e culturale, in seguito ad una forte ondata migratoria.
Costruito da Ina Casa, il quartiere è stato progettato dagli architetti più geniali dell’epoca (Franco Albini, Gianni Albricci, Lodovico Belgioioso, Enrico Castiglioni, Ignazio Gardella) con uno sguardo alle Città Giardino inglesi, alla politica delle New Towns e ai progetti di villaggio/comunità maturate in seno al Movimento Moderno.
La scuola elementare del Villaggio Ina, progettata nel 1957 dallo studio BBPR (Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto N. Rogers), ha una pianta irregolare con aule pentagonali, tutte con accesso diretto al giardino. Una scuola a misura di bambino, un edificio amico e familiare.
Albini, i BBPR e Gardella si occuparono anche della progettazione dei quattro edifici pubblici che furono realizzati: il Centro Sociale, la Scuola Materna, la Scuola Elementare, e la Chiesa con il complesso parrocchiale. In particolare, il Centro Sociale “Alberto Uggeri”, che oggi ospita la Croce Viola, l’Avis e l’Associazione Culturale Cixate, fu opera di Albini e la sua architettura raccolta riporta a immagini di intimità discreta e familiare.
Nel 1955 venne istituita la fermata di Cesate delle Ferrovie Nord Milano e nel 1956 venne edificata la Chiesa di San Francesco progettata da Ignazio Gardella.
A presiedere il Comitato di attuazione dell’INA-Casa, il senatore Fanfani chiamò l’ingegnere Filiberto Guala, mentre la Gestione tecnica fu affidata ad Arnaldo Foschini, allora preside della Facoltà di Architettura di Roma, il quale incaricò l’architetto Adalberto Libera di sovraintendere all’impostazione progettuale degli interventi che si dovevano realizzare.
Libera diede importanti indicazioni, suggerendo l’abbandono del tradizionale blocco edilizio chiuso in favore di tipologie di altro tipo, come le case a schiera, le torri e le case multipiano in linea.
Per Cesate la volontà fu quella di dotare l’insediamento di spazi ampi e significativi così da poter offrire una buona qualità di vita sociale e di relazione tra gli abitanti. Si volle sperimentare una soluzione che contemplasse la presenza di numerose strutture pubbliche e una dotazione pregiata di verde: più che a un sobborgo, i progettisti pensarono a una vera propria città-giardino, sugli esempi che si stavano realizzando nel nord Europa.
Il progetto iniziale prevedeva l’occupazione di un’area di circa 33 ettari, 1312 alloggi e diversi edifici pubblici per una comunità di 6100 abitanti, in maggioranza provenienti dai territori limitrofi oltre che persone che immigravano dal sud della penisola. All’atto della realizzazione il progetto subì però un forte ridimensionamento: la superficie fu ridotta del 40%, portandola agli attuali 20,5 ettari.
Gli architetti si occuparono anche della progettazione delle residenze: 85 edifici a schiera di varie tipologie, per un totale di 478 alloggi unifamiliari disposti su due piani.
I rimanenti 96 alloggi furono progettati da Enrico Castiglioni che li organizzò in un unico edificio lungo 185 metri di quattro e cinque piani. La mole dell’edificio, insolita per il piccolo borgo di Cesate, diede presto motivo agli abitanti di ribattezzarlo «Palazzone».
Nell’organizzazione generale del Villaggio, l’idea a cui s’ispirarono i progettisti fu quella di raggruppare gli edifici attorno a dei nuclei, tipo «a corte», ciascuno dotato di un piccolo spazio aperto, dove fosse possibile svolgere il libero incontro tra gli abitanti e il gioco dei bambini. Questa idea fu concretizzata a partire dalle case a schiera unite con un portico progettate da Albini, attorno alle quali furono poi disposte, secondo un ordito ortogonale, le case di Albricci e dei BBPR.
Solo le case progettate da Gardella si discostano dall’ordito regolare dell’impianto insediatovi; furono infatti pensate liberamente distribuite lungo una fascia a verde, un ideale «canal grande sull’erba», che si volle far penetrare nel Villaggio da nord a sud.